UNA GIUSTIZIA GROTTESCA


di Emiliano Laurenzi

«La sicurezza del potere si fonda sull’ insicurezza dei cittadini.» - Leonardo Sciascia

«Più una nazione ha polizia e meno ha cervello.» - Carl William Brown

«Democrazia: non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.» - Blaise Pascal

Una vicenda che ha del grottesco ha innescato il dibattito politico ed i provvedimenti del ministero degli interni sulla sicurezza nelle città. La grottesca vicenda prende spunto dalle misure draconiane che i sindaci di molte città, stimolati dall'iniziatia del primo cittadino di Firenze, intendono adottare, hanno adottato o adotteranno contro lavavetri molesti ed in genere contro quelle persone che non contribuiscono al decoro urbano - la cui tutela, come si evince dalle parole del leader in pectore del novello Partito Democratico, Walter Veltroni, fa parte dei provvedimenti per la sicurezza nelle cittè! Dal sindaco di Firenze che ne fa una questione di ordine pubblico, al ministro degli interni che grida sprezzante «basta alle sociologie d'accatto», è tutto un cordo di richiami alla tolleranza zero. "Law & Order". Legge e ordine, perché la criminalità va affrontata, e chi viola la legge deve sapere che finirà in galera, e che in Italia è finita l'era del bengodi. Che l'illegalità diffusa non verrà più tollerata in nessun caso. Ed a quei politici che si sono espressi contro queste normative e contro l'impianto ideologico che le connota, è stato detto che sono lontani dai cittadini e non conoscono i problemi di tutti i giorni.

Insomma, finalmente anche gran parte della sinistra di governo parla con la pancia, e dice quel che dice dando tutta intera la misura dell'inadeguatezza delle categorie politiche e storiche su cui fondava i suoi valori, categorie che sono rimaste appese come drappi a nascondere ben altro da quello che era. O meglio. A nascondere cosa è diventato proprio quel bagaglio di valori di cui la sinistra italiana, in particolare quella più istituzionalizzata, si faceva portatrice. La trasformazione del popolo di sinistra, infatti, è un vero e proprio tabù in questa questione. Già, perché se quegli amministratori, quei politici e quei ministri possono dire e fare quello che fanno e dicono - facendo parte di partiti che ancora hanno la spocchia di definirsi di sinistra - è perché c'è chi in loro crede e li delega attraverso il voto. E li vota e li delega perché incarnano cose in cui grandissima parte del popolo sinistro crede, oppure perché stimati come persone e portatori di interessi precisi - interessi che possono essere anche sociali e non solo economci, ma tant'è.

Lo dico con parole semplici: credere che chi oggi vota per la sinistra - in particolare per quella che scomparirà nel partito Democratico, ma non solo... - debba per questo condividere i valori di tolleranza, di giustizia sociale, di lotta alla povertà, etc., bhé, è sbagliato, per molte ragioni. Non solo perché il mondo, la società e il tipo di interazione culturale con cui ci dobbiamo confrontare è del tutto difforme all'immagine di società propria di quel patrimonio politico - una visione estremamente ideologizzata, di cui si percepisce intera l'inadeguateza nelle derive clericali e nazionaliste di tanti paesi dell'ex blocco del patto di Varsavia. La fedeltà istituzionale, la logica della legge come strumento di regolazione della società, erano componenti indissolubili di quella tradizione, almeno in Italia, alla quale per altro si accompagnavano ben altri valori ideali rispetto al becerume populista che vediamo oggi. Non solo, quindi, cambiamenti sociali ed economici di scala globale che hanno spiazzato del tutto quella tradizione, ma anche e sopratutto la fine storica di un patrimonio ideale enorme - male amministrato e peggio conservato, mai del tutto elaborato nel contesto italiano. Una fine che però non è imputabile solo, per l'appunto, ai cambiamenti in atto, ma anche e sopratutto all'involuzione ed alla deriva oligarchica delle strutture che in democrazia veicolano ed intercettano il consenso, facendosi interpreti e mediatori delle istanze sociali, e da quello sviluppano politiche ad esso coerenti. I partiti della sinistra, ormai, si sono da tempo piegati alle più basse istanze etiche legate alla gestione del potere, facendo sfoggio, altesì, di un'arroganza pari all'incompetenza. Alla condanna della storia, si oppongono con le armi tipiche del potere.

Il grottesco che emerge dalla vicenda sollevata dai provvedimenti contro lavavetri molesti, "zingari", venditori ambulanti, insomma, contro i paria della nostra società, gli ultimi, i più marginali, costretti alla miseria ed al degrado, emerge proprio nella misura in cui - ed è una misura imbarazzantemente enorme - i valori ideali di cui erano portatori le forze della sinistra, sono scomparsi, come vaporizzati. Ma questa sarebbe solo una considerazione a margine, di quelle che si troveranno nei libri di storia, come quando si descrive l'involuzione di alcune forze nate per cambiare le vite, e non solo i governi, e ridotte ormai a beceri partitucoli conservatori, interpreti della più miope e autoritaria conservazione istituzionale. No, c'è qualcosa di più. La tradizione legalitaria e istituzionale della sinistra italiana, infatti, in questo erede del dogma dell'ubbidienza cattolico, ha fornito le strutture mentali per una deriva triste che è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere. Una volta svaporata la tradizione ideale di cui erano sate portatrici e spesso interpreti le forze della sinistra, al calor bianco della civiltà dei consumi - quella che per capirci ti fa essere cittadino nella misura in cui puoi consumare, in totale spregio dei diritti di cui come cittadini si dovrebbe godere a prescindere dalla disponibilità di spesa... - e morta qualsiasi aspirazione a cambiare davvero le vite delle persone, a renderle migliori, più felici, più serene, più solidali, più istruite e tolleranti, cosa rimane di quella politica? Rimangono appunto le leggi e le istituzioni. E la sinistra di governo, oggi, dimostra in maniera grottesca questo suo essere l'interprete di una voglia di legge e ordine che appartiene alla peggiore e più deteriore forma di governo del territorio e della criminalità. La tradizione propria dei neoliberisti, quella senza alcuna idea che non sia traducibile in termini di mercato.

Ma anche volendo per un attimo soprassedere alla violenza sociale insita in questi provvedimenti beceri, al loro sostanziale populismo, ed alla connivenza più oscena con ulteriori aumenti del gettito di denaro pubblico a favore di militari, polizia, guardia di finanza e carabinieri - della cui fedeltà democratica si è avuto un esempio eclatante durante i mai dimenticati né perdonati giorni del G8 di Genova, che fu un vero palcoscenico per le tendenze eversive e fasciste che sono parte costitutiva della formazione mentale e valoriale dei membri delle forze del cosiddetto ordine, e durante tutte le aggressioni squadriste di cui la destra nostrana si fa sempre più spesso artefice, in cui le suddette forze brillano per una latitanza che puzza di benevolenza lontano un miglio - ma anche volendo soprassedere a tutti questi pur affatto secondari aspetti, è, e mi ripeto volentieri, del tutto grottesco il modo in cui invece di mettere mano alle cause del degrado e del proliferare di forme di devianza, si preferisce concentrarsi sugli effetti. Uno dei paradigmi della trasformazione dello stato sociale in stato penale - trasformazione iniziata negli Stati Uniti e ben illustrata nel libro di Loïc Wacquant Punire i poveri. Il nuovo governo dell'insicurezza sociale - risiede proprio nell'affermarsi di un paradigma criminologico secondo cui nella scelta di compiere un crimine, le condizioni ambientali sono meno importanti, e dopotutto meno rilevanti, della scelta individuale.

Parallelamente ai dogmi neoliberisti in tema di economia, quindi, anche il crimine viene ridotto a scelta individuale. Ciascuno è sempre e comunque responsabile e sceglie. Già, nella sua semplicità è questo il nocciolo duro da cui si irradiano le attuali politiche repressive nei confronti dei più deboli. Nessuno si interroga sulla gamma di scelte possibili che gli individui hanno, sulle condizioni materiali in cui le scelte devono essere prese, sulla pressione culturale che gli individui ricevono, sottoforma di esclusione, stigmatizzazione, pregiudizio e conformità a categorie predeterminate. E dopotutto sbattere in galera un disgraziato, costa meno che ricominciare a pensare di investire sulla sicurezza sociale, sul benessere delle persone, sulle loro aspettative per l'avvenire, per la loro stabilità lavorativa e così via.

Va detto che la motivazione principale per l'adozione di questo paradigma così becero e barbaro, sono infatti i costi delle politiche che intendono intervenire sulle cause. Perseguire il singolo criminale - sempre che definire criminale un lavavetri, un venditore ambulante o un immigrato clandestino non sia già di per sé il frutto di una mentalità razzista e discriminatoria - è più economico ed elettoralmente più redditizio che affrontare il degrado sociale in cui si vive, degrado del tutto funzionale al dispiegamento del dogma principe del neoliberismo: quello per cui non esiste la società, ma solo il mercato. Le politiche di "sicurezza" dell'attuale governo sono tanto più grottesche, quanto odiose, proprio perché non solo abdicano ad affrontare il malessere sociale in termni di gestione del territorio, di erogazione di servizi pubblici, di investimento in strutture che migliorino le condizioni di vita e alimentino la speranza per il futuro, ma adottano con grande entusiasmo e somma ipocrisia proprio le categorie centrali e fondanti del pensiero neoliberista - che da noi veste però anche i panni nazionali del neofascismo.

Quelle categorie politiche che scaricano su facili obiettivi (microcriminalità, degrado urbano, piccola illegalità, immigrazione illegale, etc.) i guasti e le devastazioni sociali dovute a ben altre motivazioni: quelle compiutamente criminali che sostengono le politiche del lavoro odierne, le modalità di sfruttamento dei lavoratori, l'erosione dei redditi, il ricatto sociale della precarietà che ha abolito il futuro dall'orizzonte di intere generazioni, l'insicurezza della propria occupazione, la devastazione ambientale (si arrestano i lavavetri mentre il nostro paese viene devastato impunemente dagli specultaori...), quelle motivazioni che sono alla base del nostro essere, nella classifica della libertà di stampa nel mondo, tra i paesi più arretrati fra quelli presunti liberi e pseudodemocratici, per non parlare dell'umiliazione a cui sono sottoposte l'istruzione, la ricerca, la scuola, finanziate col contagocce.

Sono queste categorie politiche, infatti, e di conseguenza le azioni intraprese in ogni sede da chi le ammira, le approva e combatte per farle prevalere, i veri agenti criminogeni che proliferano come tumori sul tessuto sociale del nostro paese. Le motivazioni al fondo di queste scelte, così come gli effetti che qeste sortiscono, sono veri e propri "reati" compiuti da un'intera classe politica, da aziende, apparati di sicurezza, sindacati, lobbies e potentati economico-finanziari, ai danni della popolazione. E proprio per mascherare queste politiche criminali, si cercano di volta in volta obiettivi alternativi su cui far scaricare la rabbia impotente per le ingiustizie costantemente subite. I lavavetri, gli "zingari", gli ambulanti, gli immigrati, questi sono solo capri espiatori, utili vittime del populismo di cui ormai anche la sinistra si nutre con tracotanza.

Infine una notazione se possibile ancora più grottesca. Si sono depenalizzati i reati come il falso in bilancio, costruendo una legislazione ultragarantista per i ladri cosiddetti perbene, per i reati dei colletti bianchi e delle élites finanziarie, reati che danneggiano in maniera consistente non solo l'economia del paese e la credibilità della sua economia, ma sopratutto le migliaia di persone che con il loro lavoro fanno la ricchezza di queste imprese e dei suoi dirigenti. Nel nostro paese le stratosferische remunerazioni e le faraoniche buonuscite dei vari a.d. e boiardi di turno, sono inversamente proporzionali alla loro competenza e alla qualità del lavoro svolto. Spesso erogate anche a dispetto di posizioni giudiziarie più che discutibili. Ma un lavavetri va sbattuto in carcere, mentre questi ladri, truffatori, tangentari e cocainomani (mi riferisco a precise fattispecie giuridiche che delineano reati previsti dal codiche e commessi da diversi rappresentanti di questa genìa nostrana), loro no, per carità... Li possiamo trovare nei locali alla moda, alle inaugurazioni, intervistati, seduti a Montecitorio o a palazzo Madama.

Per queste e per molte altre ragioni le direttive in tema di sicurezza che questo governo sta adottanto sono grottesche, risibili, violente, tipiche di un potere arrogante, oligarchico e che nasconde la propria totale assenza di orizzonti ideali dietro lo sciattume politico del motto "legge e ordine", un motto tipicamente fascista.

«Le leggi sono come le ragnatele che intrappolano i moscerini e vengono sfondate dai mosconi» - da Il cittadino si ribella di Enzo G. Castellari